Quest’ennesima sconfitta contro il Boca, la quarta di fila e già la seconda nel giro di una settimana contro la squadra di Ischia, è tragica e significativa al di là dell’emotività con cui viene sempre vissuto un Superclasico.
Assodato che il risultato è chiaramente pessimo e che il gioco è stato anche peggio, lo scenario che si apre adesso è deprimente, irritante e ahimè apparentemente irrisolvibile, almeno nel breve termine.
Una dirigenza che ogni giorno di più si dimostra aliena alle sorti del nostro amato e glorioso River Plate ha dato forma, impunita, sotto gli occhi di tutti, a un mostro che può solo farsi più male ogni volta, chesi muove, si gira su stesso alla ricerca di un’identità o di un po’ di sollievoe non li trova mai. Una dirigenza, questa, che oltre a non sentire niente per il Club non sembra capace di pianificare una risoluzione anche finanziaria di questa crisi. Il menefreghismo nei confronti dei colori lo dimostra ipotizzando acquisti grotteschi (non ce ne vogliano) come ex glorie quarantenni e giocatori di seconda categoria, la follia economica concludendo pochi ma sciagurati affari che comportano la perdita di denaro, quasi gl’importasse recuperare anche pochi soldi purché all’istante.
L’attuale rosa è una cozzaglia di calciatori che da troppi mesi a questa parte non sanno che pesci pigliare, che hanno sì vinto l’ultimo Clausura ma contemporaneamente si sono suicidati in Coppa contro il San Lorenzo, per peggiorare sempre più nel semestre seguente, che resterà nella memoria di tutti come il peggiore della nostra storia.
E adesso, neppure in campo è rimasto qualcosa dell’orgoglio e della gerarchia del River di un tempo. E si tratta di caratteristiche distintive che venivano dai fatti e non al contrario, come si sta tentando, sperando di fare ora. Sì, perché la tendenza odierna è quella di attaccarsi alla gloria passata, la gloria che per giunta appartiene ad altri, illudendosi di trovare in essa la benzina per ripartire.
Certo, possiamo anche dire che del calcio del precampionato poco importa a confronto di quello che c’è dietro l’angolo, quello che conta, ma nessuno di noi, né chi scrive né immagino chi legge, sono certo che abbia la minima intenzione di nascondersi dietro questo ragionamento che sappiamo essere pura follia e un insulto all’intelligenza.
Davanti a noi c’è un orrido lungo le cui pareti il River ha iniziato a scivolare già da tempo, nel quale il povero Gorosito è stato invece scaraventato, e lui, forse, al massimo può rimproverarsi di non essere stato sufficientemente lungimirante da intuire il pericolo imminente, o di non aver potuto nemmeno lontanamente immaginare di ritrovarsi in acque tanto torbide. Pipo come noi ama la Banda e, parimenti animato da buona volontà oltre che dotato di un certo stomaco, c’è per fare qualcosa: lui lavorando, noi se non altro mettendo chi di dovere davanti al dramma che si sta consumando. Il nostro dramma.
Due sono le certezze: la prima, vergognosa, che presto o tardi sarà Gorosito a pagare, e la seconda, struggente, che il Monumental tornerà a riempirsi come sempre, anche della coscienza collettiva che in questo momento sembra essere l’unica certezza immutabile nella storia del più grande e forse l’unico reale e realistico appiglio.



