E’ stata la notte di Fabbiani, l’esordio sperato, il coronamento di un sogno, la pagina già scritta che doveva soltanto essere letta.
Sì, perché ci sono storie a parte, giocatori speciali, personaggi impareggiabili in grado d’infiammare gli animi e risvegliare sentimenti mai sopiti ma meritevoli anche di occasioni di giubilo, perché se è vero che l’amore è lo stesso nel bene e nel male, e soprattutto quello del River ha provato di essere tale in 107 anni di storia, la manifestazione nella gioia di questa unione fra la gente e i suoi idoli, attraverso la vittoria, deve pur esserci. Doveva pur arrivare.
E così è stato, ieri sera, all’ultimo respiro, con l’ultimo slancio, l’ultima profusione di energie in una notte che sembrava destinata a esaurirsi con un altro urlo strozzato in gola e che se così fosse stato avrebbe rappresentato l’ennesima contraddizione. Ma si sa, se una cosa dev’essere, sarà. E doveva essere scritto nelle stelle che a rimettere le cose a posto toccasse proprio al profeta annunciato ea lungotenuto lontano da chi non conosce l’amore per la Banda, la cui storia recente stava prendendo una piega innaturale. Era già deciso che il dramma emotivo dell’Ogro dovesse correre parallelamente a quello della gente, per dissolversi contemporaneamente a questo nel momento della fusione delle anime, perché due segni uguali, due ‘meno’ in questo caso, si annullano. E si sono annullati!
Fatto sta che quando al quarto d’ora della ripresa Gorosito l’ha mandato in campo, Fabbiani ha immediatamente riempito il campo di gioco di una dedizione grande quanto la sua figura di gigante buono, da orco innamorato. Subito un colpo di tacco, poi un passaggio di prima per l’Enano, un’incornata e persino due tuffi per terra in cerca della palla, insomma, una presenza ingombrante, decisiva, un muro mobile contro cui cozzava chiunque provasse a fermare non solo lui ma anche tutto quello che Shrek rappresenta più di chiunque altro in questo momento: il River.
Sì, perché non si può certo identificare il River solo con Fabbiani, ma è evidente che in questo periodo di latitanza dal sentimento da parte di chi è preposto alla salvaguardia e alla cura del nostro amato Club, in qualcuno bisogna identificare la passione necessaria alla rinascita, e pur nella sincera convinzione che questo seme l’abbiano in tanti, è ugualmente fondamentale avere un punto di riferimento. Fabbiani, appunto.
Per quanto riguarda, poi, il paragone antipatico per qualcuno ma in fondo sereno e alquanto chiaro di Pipo, che aveva detto di lui che sarà quel che il Mellizo Barros Schelotto è stato per il Boca, convengo sul fatto che con addosso la ‘banda roja’ el Ogro si sta dimostrando ben più che un forte attaccante, cioè a dire un vero surrogato di alchimia riverplatense al di là della forma in cui può e potrà trovarsi.
Tornando alla partita, proprio quando sembrava che di tempo non ce ne fosse più, il tempo ha opportunamente assunto la forma sua propria, ha dato l’impressione di fermarsi, poi di dilatarsi, e il risultato di questa dimensione in cui merita di trovarsi solo chi ama è stato Fabbiani che ha raccolto con tutto se stesso, il corpo e l’anima, una palla piovuta in area, l’ha spinta come poteva addosso al portiere, questi non l’ha trattenuta e sulla respinta si è avventato Buonanotte per il gol che ha fatto esplodere lo stadio e un popolo intero. Davide e Golia, per una volta insieme, ci auguriamo insieme per sempre.
Grazie, Orco. Tu sia il benvenuto.



